Perché dovrei andarmene via da twitter, se è così bello essere presi in giro? Una riflessione su mastodon, la libertà e sulla data fatidica del 15 aprile
Ma la novità che sta facendo discutere più di tutte è quella uscita in questi giorni e che entrerà in vigore dal 15 aprile: da quella data, infatti, solo gli account verificati (quelli dal cosiddetto Twitter Blue, che pagano 8 euro al mese per avere l’account verificato) potranno partecipare ai sondaggi, vedranno i loro post consigliati ad altri utenti e non saranno inseriti nello stream “Per te”, condannandoli, specie se si tratta di account piccoli, di fatto all’oblio.
Qui il post originale "Ho l’account su Mastodon ma non mi piace“, di @chiaraepoi e qui il messaggio su mastodon
Credo che come spesso accade si fa un uso distorto della parola libertà che sarebbe meglio spendere per cose più importati. Non esiste un diritto alla visibilità, non esiste un diritto ad avere tutto gratis, non esiste un diritto di imporre le proprie regole in uno spazio privato.
Alla fine, come era prevedibile, il problema è solo quello di dover pagare. Lo si maschera tra mille discernimenti filosofici, ma finché era tutto gratis per tutti nessuno ha avuto nulla da dire (quasi nessuno…).
Peraltro si continua a fingere di non vedere che Twitter è sull’orlo del fallimento. Che licenzia, taglia i costi, impone abbonamenti perché altrimenti è semplicemente destinato a chiudere. Ma tirare dentro la libertà fa sempre la sua bella figura…
😀
@mhl d’accordo su tutto, tranne che su un inciso sul quale è opportuno puntualizzare:
> si fa un uso distorto della parola libertà che sarebbe meglio spendere per cose più importati.
Quando si tratta di piattaforme centralizzate che impattano sulla libertà di informazione e sul diritto alla conoscenza, è assolutament opportuno parlare proprio di libertà
> Non esiste un diritto alla visibilità,
E invece in un certo senso esiste: si chiama libera manifestazione e viene messo gravemente in discussione nel momento in cui un qualsiasi organismo ne impedisce o limita la visibilità
> non esiste un diritto ad avere tutto gratis,
Sì, ma (come è stato anche stabilito da alcuni pronunciamenti del Garante Privacy o dell’AGCom (ora non ricordo) su Facebook, i servizi come Twitter non sono gratuiti, ma si pagano attraverso la profilazione dei dati e dei comportamenti degli utenti che liberamente barattano la loro privacy con il servizio
> non esiste un diritto di imporre le proprie regole in uno spazio privato
invece esiste, purché non entri in conflitto con le leggi vigenti. Se ti dico che se vuoi entrare a casa mia, devi spogliarti nudo, o hai un mandato che ti permette di entrarmi in casa per un motivo di forza maggiore, oppure non entri
@notizie @mhl Trovo che la mancanza di maturità e consapevolezza di sé e degli altri unita a logiche prettamente economiche ci fa perdere di vista la giusta misura. Perché tutto ha la sua giusta misura e saperla identificare fa la differenza tra intelligenza e stupidità e probabilmente segnerà l’indice di sopravvivenza. Mi é venuto bene sto pensierino? :)
@notizie Beh direi che in realtà non sei d’accordo su nulla 😀 Ma va bene così eh…
Il problema è che invochi regole che materialmente non ci sono. Chiedi cioè di applicare a soggetti privati oneri che legalmente non hanno. In altre parole la critica non dovresti farla a Twitter, Facebook e co. ma al legislatore italiano o europeo che non ha normato questi aspetti.
Attenzione però perché anche l’applicazione di funzioni pubbliche a soggetti privati non è priva di rischi. Perché per estensione io potrei voler avere uno spazio editoriale sul Corriere della Sera. E qualcun altro potrebbe pretendere che il creazionismo abbia la stessa viabilità dell’evoluzionismo su tutti i media. Ed una terza persona potrebbe imporre che poliverso.org (un nome a caso) ospiti senza limitazioni anche tutti quelli che non intendono rispettare i relativi TOS.
È un giochino pericoloso che funziona bene solo finché c’è il GAFAM di turno a subirlo.
> in realtà non sei d’accordo su nulla
Non sono d’accordo sul fatto che non ero d’accordo con te. Ho solo espresso alcune puntualizzazioni che non contraddicono il tuo pensiro di fondo:
- chi parla di questi temi parla spesso di libertà a sproposito, sono d’accordo; ma questo non implica che la questione della libertà non sia fuori luogo quando si parla di queste cose
- quanto alla visibilità, ti ho spiegato che se i social centralizzati possono condizionare in maniera opaca la visibilità degli utenti, ecco che si pone un problema sociale analogo a quello che si verrebbe a creare se ti facessero sfilare a Spinaceto invece che a Via Cavour (magari facendoti credere che stai a Via Cavour)
- non c’è il diritto al “tutto gratis”, ok; ma questo non è attinente perché la gratuità dei social non è mai esistita
- non basta che lo spazio sia privato, per applicare le regole, ok; ma devono anche essere compatibili con le leggi vigenti
Detto questo, ero d’accordo con ciò che hai detto.
> la critica non dovresti farla a Twitter, Facebook e co. ma al legislatore italiano o europeo che non ha normato questi aspetti.
A questo proposito, hai mai provato a pensare che se il legislatore italiano o europeo, solitamente sempre prodighi di nuove produzioni normative, siano state rallentate dall’ncessante attività di lobby delle bigtech?
> Attenzione però perché anche l’applicazione di funzioni pubbliche a soggetti privati non è priva di rischi
Sono d’accordo, anche se questa non è un’opinione accolta all’unanimità…
> Ed una terza persona potrebbe imporre che poliverso.org (un nome a caso) ospiti senza limitazioni anche tutti quelli che non intendono rispettare i relativi TOS.
Non è e non sarà mai legalmente possibile. Se poliverso fosse l’unica istanza friendica al mondo, forse sì… Ma in tal caso non mi converrebbe tenerla aperta
A questo proposito, hai mai provato a pensare che se il legislatore italiano o europeo, solitamente sempre prodighi di nuove produzioni normative, siano state rallentate dall’ncessante attività di lobby delle bigtech?
È estremamente probabile. Ma è così praticamente su ogni cosa. Possiamo escludere che il green new deal non sia stato spinto dalle società (e dagli stati) che ne trarranno i massimi benefici economici? Possiamo escludere che la politica dei bonus a pioggia della scorsa legislatura non sia stata agevolata da gruppi di interesse in se molto piccoli ma ben introdotti?
Non scopriamo nulla di nuovo. È uno dei limiti quasi inevitabili di ogni forma di governo che prevede una qualche forma di intermediazione. Però il dato di fondo rimane. Con le leggi attuali i social non hanno obblighi come l’equi-visibilità. Così come Trenitalia non è obbligata a fornire lo stesso servizio in prima o in seconda classe.
Che i social non siano gratis è vero. Come ho scritto altrove, gratis in questo caso va inteso come “non si paga in moneta”. Ma anche qui è lo stesso principio delle free mail. Eppure non vedo grandi crociate contro l’uso di Gmail nonostante le informazioni che transito per la posta elettronica possano essere molto più sensibili e riservate di quelle veicolate su un social. Ed è lo stesso di free OS come Android che raccolgono quantità impressionanti di dati personali. Ma neanche in questo caso vedo grandi movimenti per adottare dumbphone. Ed ancora, neppure un motore di ricerca è gratis però non vedo nessuno che ne chieda la messa al bando.
L’impressione è che continui a girare un modello semplificato per cui alcune realtà vengono costantemente descritte come “malefiche” mentre per altre -del tutto analoghe a livello operativo- si sceglie sempre un tono assolutorio o quantomeno di minimizzazione. Ed è qualcosa di molto diffuso anche a livello accademico. Ricordo ancora bene quando in Internet 2004 (Laterza) le implicazioni sulla privacy del modello commerciale di Google venivano liquidate in due righe dicendo semplicemente che non c’erano motivi per preoccuparsi.
Concludendo, le questioni che pongo spesso riguardano questa mancata visione di insieme; questo guardare il singolo dettaglio e trascurare tutto il resto; questo gioco di tifoserie per cui se a dominare il mercato è una società di cui mi fido va tutto bene mentre in caso contrario scatta la chiamata alla mobilitazione. Ecco, è questo che mi irrigidisce anche difronte a posizioni sulle quali non avrei problemi a convergere.
> le questioni che pongo spesso riguardano questa mancata visione di insieme; questo guardare il singolo dettaglio e trascurare tutto il resto
La mancata visione di insieme è un problema reale, ma dipende dal fatto che un “digitale” che impatta così tanto sull’analogico, costringe a una riflessione complessiva che nessuno, ma proprio nessuno è in grado di svolgere, sia esso giurista, economista, filosofo, linguista, informatico o politico.
Quando nasce qualcosa di nuovo che ha impatto su privacy, informazione, politica, economia, giurisprudenza, etica è normale che le azioni debbano essere tante ma possano essere di cabotaggio ridotto. Siccume alcune di queste vengono combattute meglio di altre (pensa all’antitrust di inizio secolo contro Microsoft, rispetto all’antitrust degli ultimi anni; o agli interventi del garante privacy, rispetto agli scarsi interenti dell’AGCom), è normale ricevere questa impressione di un modo arbitrario e incoerente di agire.
Ecco, sarebbe importante invocare la coerenza alzando il livello qualitativo dei controllori più scarsi rispetto a quelli più capaci e non lamentandosi dell’eccessivo protagonisto di chi sa essere più efficace
@notizie Se ti riferisci all’intervento del Garante su #ChatGPT, mi trovi perfettamente d’accordo. Anzi mi ha sorpreso che così tanti utenti nel #fediverso protestassero contro il provvedimento, dato che in questo ambiente ti aspetteresti una maggiore consapevolezza del valore della privacy. Che poi se vogliamo è il discorso fatto sopra, ci si muove su onde emotive e non su una base coerente.
deleted by creator
deleted by creator